(da www.giustiziagiusta.info)
La giustizia che dobbiamo proporci di conquistare e, anzitutto, una giustizia laica. Una giustizia laica è infatti oggi in Italia il presupposto, la condizione essenziale per una giustizia giusta, che si proponga l'accertamento dei fatti al di là di ogni ragionevole dubbio e l'applicazione delle leggi esistenti secondo criteri interpretativi di ricerca del loro significato univoco ed obiettivo, che possa giungere alla considerazione della volontà del legislatore, così come essa è e non tale quale "dovrebbe essere". E' essenziale tale laicità, perché è invece il suo contrario che oggi impera e determina la deformazione e la devianza della giustizia, utilizzata come mero strumento per la realizzazione di una "promozione sociale", secondo concezioni che non sono poi, e non potrebbero essere altro, che quelle dei giudici e della loro corporazione, concezione che finisce per rappresentare, quando non ne è essa stessa il derivato, una ideologia cui, quindi, la giustizia è asservita.
Il più grave e pericoloso attentato alla laicità dello Stato è, oggi, in Italia, e forse non solo in Italia, quello rappresentato da questo asservimento ideologico alla giustizia, alla sua finalizzazione alle "lotte" contro i fenomeni di devianza sociale e morale, contro le "emergenze" che gli stessi amministratori della giustizia di volta in volta ritengono di dover individuare e privilegiare, ad esse subordinando e, magari, sacrificando, ogni decisione dei singoli casi e quindi la stessa verità e certezza del diritto.
Allo "stato etico” si sostituisce quindi la "giustizia etica"", anzi di una eticità di una corporazione di signori della giustizia che dello stato etico è, al contempo, l'estremizzazione e la grottesca caricatura e che, rispetto allo Stato, è poi sostanzialmente eversiva.
L'allarme espresso nei giorni scorsi nel manifesto-appello dei Riformatori Liberali per la scarsa attenzione che la parte politica in cui essi si riconoscono ha per i problemi, i metodi e le esigenze della laicità, avrebbe potuto dare - rilevando specificamente anche questo aspetto del pericolo che incombe sulla società italiana - più ampio respiro a tale rivendicazione della laicità dello Stato e delle istituzioni pubbliche, quadro e garanzia di ogni privata libertà ideologica di individui e di gruppi, che la demonizzazione della parte liberale del Paese che aveva rifiutato il compromesso storico, le vicende del "grande golpe giudiziario" degli anni novanta con quel che ne è derivato, hanno escluso, marginalizzato e conculcato.
Ci batteremo, come ci siamo battuti in passato, sperando in più ampie attenzioni e consensi, per una giustizia laica, tale secondo la definizione che abbiamo cercato di darne. Sappiamo che ciò non basta a farne una giustizia giusta: ma sappiamo pure che il suo contrario è sufficiente a rendere la giustizia non solo necessariamente ingiusta, ma a ridurla a mero strumento di oppressione e i prevaricazione, fino alle estreme conseguenze delle più incredibili manifestazioni.
Ci batteremo affinché i giudici siano strumento della legge e solo della legge e non siano le leggi strumento delle propensioni e delle ideologie dei giudici.
Ci batteremo non solo sul piano delle enunciazioni dottrinali, ma anche e soprattutto contro le deformazioni che quella falsa concezione della giustizia comporta, con tutti quanti vogliano in Italia una giustizia migliore.
Il più grave e pericoloso attentato alla laicità dello Stato è, oggi, in Italia, e forse non solo in Italia, quello rappresentato da questo asservimento ideologico alla giustizia, alla sua finalizzazione alle "lotte" contro i fenomeni di devianza sociale e morale, contro le "emergenze" che gli stessi amministratori della giustizia di volta in volta ritengono di dover individuare e privilegiare, ad esse subordinando e, magari, sacrificando, ogni decisione dei singoli casi e quindi la stessa verità e certezza del diritto.
Allo "stato etico” si sostituisce quindi la "giustizia etica"", anzi di una eticità di una corporazione di signori della giustizia che dello stato etico è, al contempo, l'estremizzazione e la grottesca caricatura e che, rispetto allo Stato, è poi sostanzialmente eversiva.
L'allarme espresso nei giorni scorsi nel manifesto-appello dei Riformatori Liberali per la scarsa attenzione che la parte politica in cui essi si riconoscono ha per i problemi, i metodi e le esigenze della laicità, avrebbe potuto dare - rilevando specificamente anche questo aspetto del pericolo che incombe sulla società italiana - più ampio respiro a tale rivendicazione della laicità dello Stato e delle istituzioni pubbliche, quadro e garanzia di ogni privata libertà ideologica di individui e di gruppi, che la demonizzazione della parte liberale del Paese che aveva rifiutato il compromesso storico, le vicende del "grande golpe giudiziario" degli anni novanta con quel che ne è derivato, hanno escluso, marginalizzato e conculcato.
Ci batteremo, come ci siamo battuti in passato, sperando in più ampie attenzioni e consensi, per una giustizia laica, tale secondo la definizione che abbiamo cercato di darne. Sappiamo che ciò non basta a farne una giustizia giusta: ma sappiamo pure che il suo contrario è sufficiente a rendere la giustizia non solo necessariamente ingiusta, ma a ridurla a mero strumento di oppressione e i prevaricazione, fino alle estreme conseguenze delle più incredibili manifestazioni.
Ci batteremo affinché i giudici siano strumento della legge e solo della legge e non siano le leggi strumento delle propensioni e delle ideologie dei giudici.
Ci batteremo non solo sul piano delle enunciazioni dottrinali, ma anche e soprattutto contro le deformazioni che quella falsa concezione della giustizia comporta, con tutti quanti vogliano in Italia una giustizia migliore.
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