mercoledì, luglio 19, 2006

Il Parente del Mafioso in Galera, Il Terrorista alla Camera e la Maglietta dello scandalo

Maledetta indolenza, vorrei dire tante cose ma non ho lo spirito adatto, sono sconnesso dal resto del mondo, anzi vivo in due mondi diversi, uno il vostro, fatto di caso D’Elia, Calciopoli, di Sismi, di intercettazioni, di futuro della CDL, di liberalizzazioni Si No Ni forse ora vediamo; l’altro, il mio mondo più isolano che continentale, pervaso da una visione colonialistica che traduce in modo diverso problemi e soluzioni.

Elenco a caso qualche differenza/paradosso. In Italia, un terrorista che viene condannato e sconta la sua pena viene eletto e fatto segretario della Camera dei deputati. In Sicilia se sei un Deputato, primario ospedaliero, professionista prestato alla politica, nipote di un Presidente di Tribunale, cugino di un condannato per mafia che ha scontato la sua pena e che è in liberta e non frequenti, e inoltre hai per esempio un vecchio amico che conosci da 35 anni, che era collega di Università, che è stato condannato per Mafia, che ha scontato la pena, che incontri nell’ultimo anno 5 volte, che si rivolge a tè in quanto medico per problemi di salute suoi e di familiari e visto che sei pure Onorevole e fai politica, a che ci siamo, è ovvio anche i mafiosi tengono famiglia, “mi fai avvicinare mio figlio che è pure lui medico e lavora a Milano”, e tu gli dici pure che non sei in condizioni, che non conti nulla che ti devi rivolgere più in alto, ebbene, in Sicilia ti sbattono in galera per sospetto anello di congiunzione tra mafia e politica e ti distruggono.

Sulle intercettazioni, analogamente, in Italia si grida allo scandalo per le intercettazioni che pervengono dalle procure, attraverso CD, password o caffè al bar a giornalisti fidati, In Sicilia se si pubblicano gossip di pentiti o chiacchierate che sembrano più da Bulli gradassi di periferia, che intercettazioni giudiziarie, e si distruggono immagine carriere e quant’altro di persone per bene, fino a prova e sentenze contrarie, ecco in Sicilia non se ne parla, non rientrano tra le intercettazioni da secretare.

Ancora, in Italia un terrorista redento può fare il Segretario della Camera dei Deputati, in Sicilia chi ha un parente fino al settimo grado sospettato o condannato per mafia, anche se ha espiato le proprie colpo, non può fare politica, non lo vogliono mettere in lista, i partiti non lo devono candidare perché al di la delle proprie azioni, la parentela con il mafioso per la procura costituisce indizio di “Sodale” mafioso ed in Sicilia in questo campo, tre indizi costituisco una prova, e tre gossip di pentiti sono la controprova e la difesa da questi teoremi, fondati sul nulla o quasi, sono uccelli per diabetici di chi ci capita in mezzo e oltre a raccomandarsi al buon Dio, gioco forza deve riporre la propria fiducia alla magistratura giudicante perché alla fine la verità viene a galla anche post mortem, il “Caso Tortora” insegna.

Ma è l’atteggiamento della Società tutta che è maggiormente paradossale, mentre nel Caso D’Elia/Terrorismo si affrontano mozioni, analisi e discussioni in temi di “Diritti”, di conti chiusi con la giustizia, di libertà politica, di esercizio della libertà ecc, nel caso della Mafia, per chi ha pagato il dedito con la giustizia ecc, le garanzie non esistono, non puoi fare il deputato, si parla di creazione di codice etico , di limitazione dell’esercizio di elettorato attivo ecc. sei civilmente e socialmente morto.

Su Terrorismo e Mafia và bene il parallelismo per quanto concerne strumenti legislativi di lotta, repressioni, carcere duro, pentitismo, sequestri dei beni ancora prima che le sentenze passano in giudicato. Non vi è più parallelismo sul dopo “giustizia è fatta”, pare che il mafioso anche se sconta la pena inflitta e si riabiliti non sarà mai una persona che abbia saldato il debito con la “Giustizia”, ne lui né tanto meno i suoi figli e/o parenti. E questo è più marcato nella società civile che negli inquierenti, ai quali gli indizi in queste condizioni non mancano mai e per chicchessia in un territorio come il nostro.

L’Italia Repubblicana ha forse sbagliato qualcosa nella lotta alla Mafia? I Politici del territorio hanno forse timore ad affrontare il tema? Finchè non tocca a loro è fortuna o mancanza d’invidia degli avversari/nemici politici interni od esterni il proprio partito, che non ravvisano necessità ed urgenza tali da liquidarli, come sempre è stato e sempre sarà, con l’uso di parte della giustizia attraverso intercettazioni, pentiti, servizi segreti, trasferimenti e promozioni come per la GDF di Milano, in ogni territorio con i suoi usi e consuetudini.

L’ultimo paradosso sulla Mafia: Le magliettine con le effigi di Al Capone etc.. e quella con la scritta “Mafia Made in Italy” per i turisti a 5 € NO! ritirate dal commercio e gli imprenditori privati perseguiti; Le Coppole Antimafia di Corleone inventante dai paladini dell’antimafia, vendute all’aeroporto a 50 € , prodotte dalla cooperativa antimafia SI! La colpa è degli imprenditori pugliesi che si sono avventurati in questa impresa commettendo due errori: il primo non aderire alla Coop rossa antimafia che detiene il copyright sullo sfruttamento dello sputtanamento nel mondo della Sicilia e dei Siciliani, il secondo mischiare la Sicilia con l’Italia campione del mondo bastava scrivere nelle magliette “ Mafia Made in Sicily” e nessuno avrebbe detto niente.

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