Cari amici,
uno straordinario risultato elettorale riconsegna a Berlusconi e alla sua coalizione la responsabilità della guida del paese. Dall’esito inequivoco delle urne, che ha assicurato l’elezione di Benedetto Della Vedova e Peppino Calderisi, deriva un più chiaro impegno anche per quanti, come noi, scelsero di salire sulla “barca” di Berlusconi in una fase in cui troppi – era la fine del 2005 – si affrettavano ad abbandonarla, convinti di un imminente naufragio.
Ora, come allora, pensiamo che Berlusconi sia il solo leader che può imprimere alla politica italiana una sterzata nel senso dell’innovazione liberale. E su questa traccia – quella liberale, liberista, modernizzatrice – lavoreremo all’interno del Popolo della Libertà, per contribuire alla costruzione dell’agenda di governo e dell’organizzazione politica di quel soggetto unitario che gli elettori hanno consacrato come il primo partito del paese.
Pensiamo che la lettura del risultato elettorale debba registrare e approfondire le ragioni di quanti hanno scelto Berlusconi perché, come noi, ritenevano che fosse il candidato più adatto a cui affidare un ambizioso programma anti-statalista e anti-burocratico, fondato sulla riduzione della pressione fiscale, il federalismo e la sussidiarietà, la riduzione dell’intervento pubblico e della bardatura corporativa della vita civile ed economica, un ambientalismo - finalmente - liberale.
E’ altresì evidente che ampi settori dell’elettorato hanno affidato a Berlusconi una domanda politica diversa, di “protezione” e di “difesa”, comprensibile e legittima in un paese afflitto da due anni di non-governo e colpito, soprattutto in alcuni settori produttivi e in determinate fasce sociali, dagli effetti della globalizzazione economica e dalle mancate scelte del passato. In più, la crisi economica d’oltreoceano, l’aumento del prezzo delle materie prime, la sfida che da Oriente investe le nostre società, la bassa crescita della nostra economia: lo scenario economico mondiale consegna sicuramente al prossimo governo un pesante fardello e scuote l’opinione pubblica, che ha chiesto di essere rassicurata.
Noi pensiamo che anche la domanda di protezione proveniente dall’elettorato possano essere meglio soddisfatte da un governo che accetti la sfida dell’innovazione e dell’apertura e che non abbandoni né rinneghi le “ricette” a cui le coalizioni liberali e moderate – nell’occidente avanzato – hanno conformato i propri programmi di governo.
Fin dal 1994, Berlusconi ha saputo interpretare, meglio di tutti, la “vocazione maggioritaria” – per usare un termine di questa campagna elettorale - cui deve tendere ogni grande partito che ambisce a governare un paese. Attraverso la “secolarizzazione” delle grandi ideologie del passato e il riconoscimento di piena cittadinanza a tutte le posizioni “etiche” e “valoriali”, il Popolo delle Libertà può rappresentare oggi una straordinaria novità politica nel panorama europeo. In un così grande e variegato partito, il compito dei liberali è quello di proporre ed affermare le idee più esposte sulla frontiera della modernizzazione politica, economica e civile.
Al governo del Pdl spetta – noi pensiamo – il compito di proseguire sulla strada che, fin dagli anni Ottanta, ha visto le coalizioni conservatrici impegnate nell’affermazione di politiche di governo fondate sulla libertà, l’individuo, il mercato.
Pensiamo che la lettura del risultato elettorale debba registrare e approfondire le ragioni di quanti hanno scelto Berlusconi perché, come noi, ritenevano che fosse il candidato più adatto a cui affidare un ambizioso programma anti-statalista e anti-burocratico, fondato sulla riduzione della pressione fiscale, il federalismo e la sussidiarietà, la riduzione dell’intervento pubblico e della bardatura corporativa della vita civile ed economica, un ambientalismo - finalmente - liberale.
E’ altresì evidente che ampi settori dell’elettorato hanno affidato a Berlusconi una domanda politica diversa, di “protezione” e di “difesa”, comprensibile e legittima in un paese afflitto da due anni di non-governo e colpito, soprattutto in alcuni settori produttivi e in determinate fasce sociali, dagli effetti della globalizzazione economica e dalle mancate scelte del passato. In più, la crisi economica d’oltreoceano, l’aumento del prezzo delle materie prime, la sfida che da Oriente investe le nostre società, la bassa crescita della nostra economia: lo scenario economico mondiale consegna sicuramente al prossimo governo un pesante fardello e scuote l’opinione pubblica, che ha chiesto di essere rassicurata.
Noi pensiamo che anche la domanda di protezione proveniente dall’elettorato possano essere meglio soddisfatte da un governo che accetti la sfida dell’innovazione e dell’apertura e che non abbandoni né rinneghi le “ricette” a cui le coalizioni liberali e moderate – nell’occidente avanzato – hanno conformato i propri programmi di governo.
Fin dal 1994, Berlusconi ha saputo interpretare, meglio di tutti, la “vocazione maggioritaria” – per usare un termine di questa campagna elettorale - cui deve tendere ogni grande partito che ambisce a governare un paese. Attraverso la “secolarizzazione” delle grandi ideologie del passato e il riconoscimento di piena cittadinanza a tutte le posizioni “etiche” e “valoriali”, il Popolo delle Libertà può rappresentare oggi una straordinaria novità politica nel panorama europeo. In un così grande e variegato partito, il compito dei liberali è quello di proporre ed affermare le idee più esposte sulla frontiera della modernizzazione politica, economica e civile.
Al governo del Pdl spetta – noi pensiamo – il compito di proseguire sulla strada che, fin dagli anni Ottanta, ha visto le coalizioni conservatrici impegnate nell’affermazione di politiche di governo fondate sulla libertà, l’individuo, il mercato.
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